Circolare n. 9 del 10 agosto 2012: Linee guida in materia di mediazione nelle controversie civili e commerciali”
Oggetto: Linee guida in materia di mediazione nelle controversie civili e commerciali. Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, recante “Attuazione dell’art. 60 della Legge 18 giugno 2009, n.69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”.
1. Premessa
L’ articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale.
In attuazione della delega è stato adottato il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 che nelle premesse, oltre al predetto articolo 60 della legge 69/2009, richiama la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale.
In attuazione di quanto disposto dall’articolo 1, comma 2, del predetto d.lgs. 28/2010 è stato adottato il D.M. 18 ottobre 2010, n. 180 “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28“.
Nelle fonti normative richiamate non si rinvengono disposizioni che escludono le pubbliche amministrazioni dall’ambito di applicazione della disciplina introdotta. Pertanto la normativa in materia di mediazione in ambito civile e commerciale trova applicazione anche in riferimento al settore pubblico. L’articolo 1, comma 2, della predetta direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 [1] prevede che la disciplina recata dalla direttiva medesima “non si estende, in particolare, alla materia fiscale, doganale e amministrativa né alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii)“, deducendo, dunque, a contrario, per quanto di interesse e come meglio precisato di seguito, che rientrano nel novero delle controversie disciplinate dal d.lgs. 28/2010 esclusivamente quelle che implichino la responsabilità della pubblica amministrazione per atti di natura non autoritativa.
Ciò premesso, si rende opportuno fornire linee guida per assicurare l’omogenea attuazione della normativa di riferimento da parte delle pubbliche amministrazioni.
La presente circolare tiene conto degli approfondimenti svolti negli incontri del gruppo di lavoro, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, a cui hanno partecipato rappresentanti del predetto Dipartimento, dello Scrivente Dipartimento e dell’Ufficio legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero della giustizia e dell’Avvocatura dello Stato che, in particolare, si è espressa sulla materia con circolare interna n. 41/2012.
2. Destinatari
Come anticipato, tra i destinatari della normativa che si va a trattare vi sono anche le pubbliche amministrazioni.
La disciplina in argomento è riconducibile alla materia della “giurisdizione e norme processuali” che, come noto, in base alla lettera l) del comma 2 dell’articolo 117 della Costituzione rientra tra quelle oggetto di competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Pertanto la presente circolare, per la parte relativa ai chiarimenti e alle indicazioni di carattere generale, è rivolta a tutte le pubbliche amministrazioni individuate dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Per ragioni di competenza e di autonomia organizzativa, invece, la parte del documento in cui si forniscono indicazioni sulle modalità procedurali e sulla rappresentanza in giudizio dell’amministrazione non sono rivolte alle Regioni e alle autonomie locali, fermo restando che i principi espressi possono essere considerati utili criteri applicativi ove compatibili.
3. Definizione e finalità della mediazione
Con finalità deflattive del contenzioso giudiziale, il legislatore ha introdotto l’istituto della mediazione come mezzo di risoluzione alternativa delle controversie civili e commerciali. La lettera a) del comma 1 dell’articolo 1 del d.lgs. 28/2010 fornisce la definizione del concetto di mediazione. Si tratta dell'”attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa“.
L’elemento caratterizzante è dato dalla finalità di assistenza delle parti nella ricerca di una composizione non giudiziale di una controversia.
Per controversia è da intendersi la crisi di cooperazione tra soggetti privati, ovvero tra privati e pubbliche amministrazioni che agiscono “iure privatorum“, risolubile non soltanto attraverso la netta demarcazione tra torti e ragioni di ciascuno, ma anche per mezzo di accordi amichevoli che tendano a rinegoziare e a ridefinire gli obiettivi, i contenuti e i tempi del rapporto di cooperazione, in vista del suo prolungamento, e non necessariamente della sua chiusura definitiva. Già nella definizione iniziale viene pertanto esplicitata l’opzione per una mediazione che sappia abbracciare contemporaneamente forme sia facilitative (accordo amichevole) che aggiudicative (proposta di conciliazione). Alle forme facilitative è anzi assegnata una certa preferenza (v. anche gli articoli 8 e 11), in virtù della loro maggiore duttilità rispetto ai reali interessi delle parti e della conseguente loro maggiore accettabilità sociale [2].
Definita la mediazione, il d.lgs. 28/2010 prevede le controversie civili e commerciali rispetto alle quali le parti hanno facoltà di avvalersi dell’istituto e quelle, della stessa natura, per cui il ricorso preventivo alla mediazione è obbligatorio. In particolare, l’articolo 2, comma 1, del d.lgs. 28/2010 dispone che “Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto.“. Pertanto, in riferimento alle controversie civili e commerciali che abbiano ad oggetto diritti disponibili le parti hanno facoltà di ricorrere alla procedura di mediazione come strumento di risoluzione alternativa a quella giudiziale. Nell’ambito del genus delle controversie civili e commerciali vertenti su diritti disponibili, il d.lgs. 28/2010 individua una species di controversie per cui il tentativo di mediazione è obbligatorio ed è condizione di procedibilità del processo. Nello specifico, l’articolo 5 del d.lgs. 28/2010 richiama le controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Com’è evidente, la normativa sulla mediazione introdotta dal d.lgs. 28/2010 trova applicazione in riferimento alle controversie civili e commerciali. Resta ferma e continua ad applicarsi la disciplina speciale in materia di conciliazione per le controversie di lavoro prevista dall’articolo 410 c.p.c., così come sostituito dall’articolo 31, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, applicabile anche alle controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni in considerazione del comma 9 dello stesso articolo 31 della legge 183/2010 [3] [4].
Rimane altresì esclusa la disciplina relativa alle controversie riguardanti l’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89 [5], tenuto conto del fatto che il potere giurisdizionale rientra nell’esercizio dell’attività amministrativa di natura autoritativa.
4. Controversie oggetto di mediazione
Come in parte anticipato, ai fini dell’individuazione delle controversie oggetto di mediazione occorre fare rinvio agli articoli 2 e 5 del d.lgs. 28/2010 e, con specifico riferimento alle pubbliche amministrazioni, al già richiamato articolo 1, comma 2, della predetta direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008.
L’articolo 2, comma 1, del d.lgs. 28/2010 chiarisce, in linea con la delega (articolo 60, comma 3, lettera a), della legge 69/2009 [6]) e con la normativa comunitaria (articolo 1, comma 2, della direttiva 21 maggio 2008, n. 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea), che la mediazione ha per oggetto diritti di cui le parti possano disporre.
A tale enunciato, del resto, corrisponde il limite generale dell’ordine pubblico e del rispetto delle norme imperative di cui fanno menzione i successivi articoli 12, comma 1, e 14, comma 2, lettera c). Sono, dunque, da escludere le controversie che abbiano ad oggetto diritti indisponibili.
Al comma 2 dell’articolo 2 è poi precisato che la procedura di mediazione disciplinata dal decreto non esclude il ricorso a istituti già ampiamente sperimentati nella pratica, che consentono di giungere alla composizione di controversie su base paritetica o attraverso procedure di reclamo disciplinate dalle carte di servizi, ma che si differenziano dalla mediazione per il mancato intervento di organismi terzi e imparziali.Al tentativo facoltativo di mediazione, previsto per le controversie di cui all’articolo 2 del d.lgs. 28/2010, si aggiunge, come detto, l’obbligo del previo esperimento della procedura nelle controversie indicate nel successivo articolo 5.La disposizione, nel disciplinare la “condizione di procedibilità e rapporti con il processo“, al comma 1 individua le controversie rispetto alle quali, prima di ricorrere alle vie giudiziali, vi è l’obbligo, anche da parte della pubblica amministrazione, salvo disposizioni speciali, di esperire preliminarmente il procedimento di mediazione, ai sensi del medesimo decreto legislativo, o il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate.Si ribadisce che si tratta delle controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Come detto, con particolare riferimento alle controversie di cui è parte la pubblica amministrazione, l’articolo 1, comma 2, della richiamata direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 prevede che la disciplina della mediazione non si estenda, in particolare, alla materia fiscale, doganale e amministrativa né alle controversie che abbiano ad oggetto la responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri.
Rientrano, pertanto, nel novero delle controversie disciplinate dal d.lgs. 28/2010 esclusivamente quelle che implichino la responsabilità della pubblica amministrazione per atti di natura non autoritativa.
5. Procedimento
In ordine al procedimento di mediazione, si rende opportuno fornire indicazioni sull’attività che l’amministrazione, come parte attrice o convenuta, è chiamata a svolgere ai fini dell’eventuale transazione. Altresì, nel corso degli incontri svolti dal gruppo di lavoro, è stato evidenziato che l’Avvocatura dello Stato, rispetto alle procedure non riconducibili alla tutela legale contenziosa in senso stretto, tra cui quella di mediazione, svolge esclusivamente la funzione consultiva di cui all’articolo 13 del R.D. 30.10.1933, n. 1611, come assistenza tecnica complementare alla rappresentanza processuale e difesa in giudizio delle amministrazioni patrocinate.Si individuano pertanto le modalità con cui, nell’ambito del procedimento di mediazione, le amministrazioni si rivolgono, mediante richiesta di parere, all’Avvocatura dello Stato per un contributo che consenta di addivenire alla soluzione di questioni tecnico-giuridiche ed interpretative poste alla base della controversia trattata. Trattandosi, come detto, di procedura non riconducibile alla tutela legale contenziosa in senso stretto, resta esclusa, nell’ambito del procedimento di mediazione, la rappresentanza processuale e la difesa in giudizio delle amministrazioni patrocinate da parte dell’Avvocatura dello Stato, sia pur con le precisazioni che seguono.
Resta fermo che le amministrazioni in favore delle quali l’Avvocatura dello Stato svolge attività di patrocinio obbligatorio non possono avvalersi dell’assistenza di avvocati del libero foro.
a) Aspetti procedurali
L’articolo 2 del d.lgs. 28/2010 consente a chiunque di accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili. Resta ferma la possibilità di ricorrere a negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali e alle procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi.
In base all’articolo 4 del d.lgs. 28/2010, la domanda di mediazione relativa alle predette controversie è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo ovvero, in base alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 1 del medesimo decreto legislativo, presso un ente pubblico o privato, ove può svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del medesimo decreto. L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.
Non avendo contenuto giurisdizionale, gli atti di accesso alla mediazione saranno notificati all’amministrazione convenuta.
Per i casi di cui all’articolo 5 del d.lgs. 28/2010 il previo esperimento della procedura di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’articolo 8 del d.lgs. 28/2010 disciplina il procedimento di mediazione di talché, all’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo. Il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia. Si ricorda che, dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile [7]. L’amministrazione, pertanto, procede alla valutazione in concreto sulla convenienza a partecipare al procedimento di mediazione, provvedendo, ove non intenda intervenire, a formalizzare con specifico atto la scelta operata sulla base della propria discrezionalità e, ove ritenuto opportuno, comunicando tale scelta all’organismo di mediazione. Il giudice, inoltre, condanna al versamento all’entrata del bilancio dello Stato, di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non abbia partecipato al procedimento senza giustificato motivo. Il successivo articolo 11 del d.lgs. 28/2010 disciplina la fase conclusiva del procedimento di mediazione, prevedendo che se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto.
Così come per gli atti di accesso alla mediazione, anche la proposta di conciliazione sarà notificata all’amministrazione di destinazione che sia parte convenuta.
Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta.
In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata.
Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non può contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento.
Nell’ambito della procedura di mediazione, si evidenzia l’opportunità che l’amministrazione formuli motivata richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato, esponendo le proprie valutazioni sulla controversia, nei casi in cui il tentativo di transazione riguardi controversie di particolare rilievo, dal punto di vista della materia che ne costituisce l’oggetto o degli effetti in termini finanziari che ne potrebbero conseguire anche in riferimento al numero di controversie ulteriori che potrebbero derivarne, analogamente a quanto previsto dall’articolo 417-bis, comma 2, del codice di procedura civile.
Al di fuori dei predetti casi, l’amministrazione richiede il parere all’Avvocatura dello Stato con esclusivo riferimento all’ipotesi in cui il dirigente dell’Ufficio dirigenziale generale competente sulla materia oggetto della controversia ovvero il dirigente o funzionario delegato abbia proceduto ad una motivata valutazione della controversia in senso favorevole alla conclusione dell’accordo.
Ove la richiesta di parere riguardi la proposta di conciliazione, considerata l’esiguità del termine di sette giorni entro cui accettare o rifiutare la stessa, l’amministrazione avanza quanto prima la richiesta all’Avvocatura dello Stato nei casi e con le modalità innanzi indicati. Sempre in riferimento alla ristrettezza dei termini di legge entro cui rispondere alla proposta transattiva, l’amministrazione che, in esito alla trattativa, ritenga ipotizzabile una composizione bonaria della controversia rappresenta all’organo di mediazione l’eventuale esigenza di un termine più congruo per permettere all’amministrazione di formulare la richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato e ricevere un eventuale riscontro in merito, nello spirito dei commi 2 e 3 dell’articolo 8 del d.lgs. 28/2010. L’amministrazione, nella persona del dirigente o funzionario responsabile, sulla base della delega conferita, come di seguito indicato, valuta se accogliere o rigettare la proposta di conciliazione, anche tenuto conto del parere dell’Avvocatura dello Stato ove richiesto e pervenuto assicurando comunque il rispetto dei termini della procedura. In base al richiamato articolo 11 del d.lgs. 28/2010, se tra le parti è raggiunto l’accordo amichevole ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore ovvero se la conciliazione non riesce, si forma processo verbale. Come detto, la procedura di mediazione rientra tra quelle non riconducibili alla tutela legale contenziosa in senso stretto cosicché non è previsto l’intervento dell’Avvocatura dello Stato laddove l’Amministrazione compaia dinanzi ad un organismo di mediazione. Nel procedimento di mediazione, pertanto, solo in casi assolutamente eccezionali, giustificati dalla particolare rilevanza della potenziale controversia, l’Avvocatura dello Stato, a fronte della richiesta avanzata dall’amministrazione interessata, valuta se intervenire nella procedura di mediazione in ogni caso non sostituendo ma affiancando il rappresentante dell’amministrazione.
b) Rappresentanza dell’amministrazione
Fermo restando quanto detto in ordine all’attività di patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, si precisa quanto segue.
Ai sensi dell’articolo 16, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la sottoscrizione dell’accettazione della proposta di conciliazione e la rappresentanza dell’amministrazione davanti all’organismo di mediazione è demandata al dirigente dell’Ufficio dirigenziale generale competente sulla materia oggetto della controversia ovvero ad altro dirigente a tal fine delegato.
Le suddette funzioni possono essere altresì delegate a dipendenti di qualifica non dirigenziale che, è opportuno, siano dotati di comprovata e particolare competenza ed esperienza nella materia del contenzioso e in quella a cui afferisce la controversia. Sulla base di criteri trasparenti ed oggettivi le amministrazioni individuano preferibilmente dipendenti di area III del comparto Ministeri o categoria equiparata con formazione di tipo giuridico-economico, in possesso del titolo di studio della laurea (L) ovvero del diploma di laurea (DL) o di titoli di studio equiparati (LS ed LM) che, ove non in possesso della competenza specifica nella materia trattata, possono essere coadiuvati da personale tecnico o professionale nell’espletamento della funzione di rappresentanza dell’amministrazione. Le amministrazioni pubbliche valutano se assegnare la funzione di rappresentanza ad un Ufficio dirigenziale già esistente, centralizzando la competenza sulla procedura di mediazione, ovvero se attribuire la funzione all’Ufficio dirigenziale di volta in volta competente rispetto alla materia trattata nella controversia. Ai fini della rappresentanza nel procedimento di mediazione, le amministrazioni, ove possibile, si avvalgono degli Uffici territoriali con sede nel luogo in cui si svolge il procedimento di mediazione. All’Ufficio individuato per lo svolgimento della funzione di rappresentanza è data, altresì, la competenza a produrre la richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato secondo i criteri sopra descritti. Appare preferibile che le sedi periferiche di amministrazioni con articolazione sul territorio, preliminarmente alla richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato, interessino la propria sede centrale.
6. Organismi di mediazione
Sugli organismi di mediazione si rimanda al Capo III del d.lgs. 28/2010 (articoli 16-19) e al D.M. 18 ottobre 2010, n. 180, recante il “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28“, adottato in attuazione dell’articolo 16, comma 2, del d.lgs. 28/2010. Ai sensi della lettera d) del comma 1 dell’articolo 1 del d.lgs. 28/2010 l’organismo di mediazione è “l’ente pubblico o privato, presso il quale può svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto“.
A garanzia del principio di economicità e come suggerito dall’Avvocatura dello Stato, anche in relazione ai contenuti della propria circolare interna n. 41/2012, le pubbliche amministrazioni provvedono alla scelta dell’organismo di mediazione che comporti minori oneri, avvalendosi, ove del caso, delle procedure di scelta del contraente previste dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e dal relativo Regolamento di esecuzione ed attuazione del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.
7. Spese di mediazione
Si rimanda all’articolo 13 del d.lgs. 28/2010 sulle spese processuali e, in materia di indennità spettante all’organismo di mediazione, agli articoli 16, comma 2, e 17 dello stesso decreto legislativo. Si richiama, altresì, il predetto D.M. 18 ottobre 2010, n. 180 recante il “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” che, come già detto, è stato adottato in attuazione del comma 2 dell’articolo 16 del d.lgs. 28/2010. Si evidenzia che la partecipazione alla procedura di mediazione comporta a carico dell’amministrazione coinvolta gli oneri previsti dall’articolo 16 del D.M. n.180/2010.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione
[1] V. l’articolo 1, comma 2, della direttiva 2008/52/CE che ne definisce l’obiettivo e l’ambito di applicazione secondo cui: “La presente direttiva si applica, nelle controversie transfrontaliere, in materia civile e commerciale tranne per i diritti e gli obblighi non riconosciuti alle parti dalla pertinente legge applicabile. Essa non si estende, in particolare, alla materia fiscale, doganale e amministrativa né alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii).“.
[2] V. relazione illustrativa del d.lgs. 28/2010.
[3] L’articolo 31, comma 9, della legge 183/2010 prevede che: “Le disposizioni degli articoli 410, 411, 412, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile si applicano anche alle controversie di cui all’ articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Gli articoli 65 e 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono abrogati.”. L’articolo 63, comma 1, del d.lgs. 165/2001 così dispone: “Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. (…).“.
[4]La direttiva 21 maggio 2008, n. 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea, che disciplina alcuni aspetti della mediazione in materia civile e commerciale e in attuazione della quale è stato adottato il d.lgs. 28/2010, al decimo considerando precisa che la mediazione non dovrebbe applicarsi: “ai diritti e agli obblighi su cui le parti non hanno la facoltà di decidere da sole in base alla pertinente legge applicabile. Tali diritti ed obblighi sono particolarmente frequenti in materia di diritti di famiglia e del lavoro“.
[5]Si tratta della c.d. Legge Pinto recante “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’ articolo 375 del codice di procedura civile“.
[6] L’articolo 60, comma 3, lettera a) della legge 69/2009 prevede che: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia;“.
[7] L’articolo 8, comma 5, del d.lgs. 28/2010 dispone che: “Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.“.