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Il Giudice e la Mediazione: un resoconto

Il Giudice e la Mediazione: un resoconto.

Magistrati e avvocati hanno discusso il proprio ruolo e hanno analizzato la funzione sociale della mediazione civile in Italia, quale strumento strategico per far progredire l’economia del Paese e rendere più efficiente la giustizia.

Roma, 7 Luglio 2014, Corte d’Appello.

La crisi della giustizia costa cara all’Italia. Abbiamo oltre 5 milioni di cause civili pendenti; 47.000 cause per equa riparazione solo a Roma; tempi medi di durata del processo che superano di almeno 2 anni i limiti imposti dalle norme comunitarie, per cui paghiamo sanzioni imposte dall’Europa; imprese nazionali che, anche per questi motivi, fuggono all’estero e imprese straniere che non si stabiliscono in Italia… e la mediazione potrebbe risolvere tutti questi problemi, soprattutto se i giudici invitassero le parti a negoziare – come fanno sempre più spesso – e se gli avvocati accogliessero quegli inviti come opportunità di lavoro e di fidelizzazione dei clienti.

Ma la mediazione, oltre a poter rilanciare l’economia, può svolgere anche – e soprattutto – una funzione sociale perché aiuta le persone a vivere meglio, permettendo loro di affrontare gli aspetti emotivi dei conflitti, che le cause e i tribunali, invece, impediscono di elaborare, lasciando sempre un’insoddisfazione di fondo in tutte le parti, proprio perché limita il contraddittorio ai soli diritti, ignorando la relazione umana, sulla quale si basa invece la nostra vita in società.

Il Dr. Catello Pandolfi (Presidente della Corte d’Appello di Roma), il Dott. Cons. Massimo Moriconi (Giudice del Tribunale di Roma) e gli altri relatori hanno chiarito questi concetti e hanno chiesto quindi ai propri colleghi, al CSM, alle amministrazioni pubbliche in genere, ma anche a tutti i cittadini, di impegnarsi a diffondere la cultura della mediazione, iniziando innanzitutto a pensare agli strumenti alternativi al giudizio e al negoziato come mezzi primari per comporre qualsiasi conflitto.

I relatori hanno spiegato che la mediazione demandata – quella cioè disposta dal giudice, dopo un primo esame della lite – serve per far risparmiare alle parti risorse preziose e serve alla collettività per liberarsi degli svantaggi dovuti a un sistema giudiziario lento e impreciso. Ogni conciliazione raggiunta in mediazione, infatti, impedisce che nasca una causa in primo grado e che questa si trascini, poi, fino in Cassazione. Ogni conciliazione, in circa tre mesi, impedisce che nascano cause di durata decennale. Quando il giudice invita le parti in mediazione, queste dovrebbero quindi iniziare immediatamente a negoziare per trovare una soluzione autodeterminata, in prima persona e tralasciando le formalità del primo incontro informativo – già espletate dal giudice stesso, che pretende dai litiganti un negoziato effettivo. Ecco perché le mediazioni a cui non partecipano le parti o quelle a cui le parti dichiarano semplicemente di non voler aderire potrebbero impedire la prosecuzione del processo ai sensi del D.Lgs. 28/2010 (artt. 5 e 8).

Non servono riforme ulteriori della giustizia, per raggiungere questi risultati. Basterebbe, invece, che magistrati, avvocati, cittadini e imprese si impegnassero a tentare sempre la mediazione, per risolvere le liti, e a stimolare i tentativi di negoziazione, soprattutto affinché ciascuno contribuisca in prima persona a far uscire l’Italia dalla crisi attuale. I giudici hanno il potere di indirizzare le parti – quando lo ritengono opportuno – verso strumenti negoziali, e le parti, d’altro canto, hanno il dovere di provare realmente a negoziare soluzioni amichevoli con l’aiuto di professionisti esperti e di organismi qualificati.

Possiamo trovare la soluzione alla crisi, insomma, già nelle nostre mani.

eduardomoscato • 25 Luglio 2014


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